Benvenuti su Storie perdute, la newsletter che due volte al mese racconta storie che meritano di essere raccontate. E che molto spesso sono state dimenticate.
Parigi, cimitero di Père-Lachaise, 2024
Nel XX arrondissement si trova il più grande cimitero della capitale francese: il Père-Lachaise. Ogni anno, più di tre milioni e mezzo di persone entrano tra le sue mura, rendendolo il più visitato al mondo.
Al suo interno vi sono diverse aree - cristiana, mussulmana, ebraica - ma soprattutto, si trovano sepolti numerosi personaggi celebri della Storia. Tra gli altri, Oscar Wilde, Honoré de Balzac, Maria Callas, Eugène Delacroix, Jim Morrison, Edith Piaf, Amedeo Modigliani. Ogni tomba ha un diverso indirizzo.
Se si cammina fino alla rue du repos 16, nella 94ème division, Av. Circulaire, e si cerca bene tra le altre lapidi vicine appena pochi centimetri, si può trovare uno dei tanti italiani qui sepolti: Piero Gobetti.
Torino 1901 - Parigi 1926
A Piero Gobetti. Esule in Francia.
Nel ricordo della sua solitaria sfida al fascismo e della sua lezione di intransigenza etica e politica.
Il comitato nazionale per il centenario della nascita.
Torino, liceo classico Vincenzo Gioberti, 1916
Aveva iniziato il liceo al Cesare Balbo, prima di trasferirsi a quindici anni al Vincenzo Gioberti: Piero Gobetti era nato a Torino nel 1901 da genitori commercianti che avevano una drogheria in via XX Settembre.
“Mio padre e mia madre avevano un piccolo commercio. Lavoravano diciotto ore al giorno. Il mio avvenire era il loro pensiero dominante […] L'impegno del loro lavoro era di arricchire […] permettersi e permettermi una vita dignitosa. In quanto a me pensavano di dovermi dare un'istruzione, quella che essi non avevano potuto avere.”
Studente brillante già interessato a letteratura, arte, filosofia e politica, viene affascinato da alcuni personaggi dell’epoca come Gaetano Salvemini, e da alcuni suoi professori.
“Era un giovane alto e sottile, disdegnava l'eleganza della persona, portava occhiali a stanghetta, da modesto studioso: i lunghi capelli arruffati dai riflessi rossi gli ombreggiavano la fronte.”
Carlo Levi, in Introduzione agli Scritti politici di Piero Gobetti, XVII, 1960
È proprio allo storico liceo che il giovane conosce Ada Prospero, di un anno più piccola, figlia di un commerciante di frutta svizzero e di una casalinga torinese.
“Una bimba deliziosa con le trecce sulle spalle, i grandi occhi pieni di fuoco, e tutto fuoco la parola, tutto ardore per i libri che le piacevano.”
Barbara Allason
Nel 1918, quando ormai Piero Gobetti è all’università, facoltà di giurisprudenza, scrive una prima lettera alla coetanea: “Gentilissima sig.na…”. Le comunica la sua decisione di fondare una rivista studentesca fatta da soli giovani: sta per nascere Energie Nove, pronta a “destare movimenti d’idee in questa stanca Torino”.
Il ragazzo non intende solo far abbonare alla rivista Ada Prospero, ma la invita a collaborare: “Non le sembri troppo tutto questo di cui la prego”.
“Mi preparo a discutere con calore, a confutare i suoi argomenti e, infine… a lasciarmi convincere.” - Ada Prospero
Inizia così l’avventura di Energie Nove, che verrà pubblicata per due anni, e per cui la ragazza diventa un punto fermo con i suoi articoli letterari, di critica e analisi filosofica. Comincia da qui anche la parabola editoriale di Piero Gobetti, dalla “prodigiosa giovinezza”.
Vivono tra filosofia, politica, letteratura, lavorano a traduzioni dal russo, sono uniti dalla passione per Dante Alighieri: i due crescono insieme alla rivista, e con loro cresce un sentimento reciproco.
“Sul piano intellettuale e politico Piero è il maestro, Ada l’allieva […] mentre su quello amoroso i rapporti sembrano invertirsi. […] Ada accetta l’accostamento alla Beatrice dantesca, con orgoglio si sente la sua Beatrice, ma vive problematicamente il paragone non riconoscendosi nell’immagine idealizzata che Piero ha di lei.”
È nato qualcosa che va oltre il lavoro e la passione editoriale, è un sentimento che Ada Prospero racchiude in Canti di vita:
“Come l’uccello cerca il nido, come ogni cuore cerca l’amore, io dovevo venire verso di te […] Il tuo amore, lo vedo, lo intuisco talvolta è così puro così infinito che mi pare di perdermi in esso […] E in cambio cosa posso darti io? Ti do tutta me stessa e tutta la mia vita […] Le due di notte. Lavoro. Sono stanca. Depongo la penna, esco sul balcone, e la notte fiorita di stelle m’investe. E anche la tua finestra è illuminata, mio amore. Anche tu lavori ancora, forse ti sorrido nel cuore. Chi sa?”.
Anche per Piero Gobetti è ormai un sentimento maturo, che può chiamarsi amore.
“Sì, ormai il mio affetto non è più turbamento interno, non è più tormentoso aspirare alla comprensione di un’anima o pretenzioso sentimento di essere utile a lei. Sento finalmente l’amore come verità, come serenità.”
Roma, 1922
È il 28 ottobre quando viene segnato il destino dell’Italia di quel secolo: migliaia di fascisti marciano verso Roma e prendono il potere con la violenza. È lo stesso re Vittorio Emanuele III a incaricare Benito Mussolini per la formazione di un nuovo governo.
In quegli anni a Torino, Piero Gobetti e Ada Prospero non hanno fermato la loro passione editoriale: entrambi lavorano per la rivista settimanale La Rivoluzione liberale, in cui collaboreranno spesso anche Giustino Fortunato, Antonio Gramsci e Luigi Sturzo. La marcia su Roma non li prende alla sprovvista, i due continuano a seguire la politica, l’attualità e i propri ideali.
Gobetti scrive su La Rivoluzione liberale:
Resteremo al nostro posto di critici sereni, con un’esperienza in più. Attendiamo senza incertezze, sia che dobbiamo assistere alle burlette democratiche sia che dobbiamo subire le persecuzioni che ci spettano.
Entrambi credono fermamente che non sia giusto aspettare la fine delle violenze dittatoriali in un “appartato silenzio”, come avevano scelto alcuni loro amici.
Il ventunenne rende così la sua rivista una delle poche che continua la lotta contro la tirannia fascista: scriverà su Mussolini che “non ha alcuna preparazione politica”, che non ha “idee precise e sicure”.
Condanna la dittatura, le elezioni comandate con la forza, la politica estera come isolamento dannoso per l’economia. A quel punto inizia ad avverarsi ciò che Piero Gobetti aveva previsto in quel suo articolo: “le persecuzioni che ci spettano”.
Iniziano i sequestri della rivista da parte del prefetto di Torino per “scritti diffamatori dei poteri dello Stato e tendenti a screditare le forze nazionali”. È lo stesso Mussolini che lo obbliga a
“vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore di governo e fascismo.”
Piero e Ada si sentono esuli in patria, ma nonostante i continui controlli e i primi attacchi da parte del regime, continuano a professarsi antifascisti intransigenti. Gobetti è ancora sicuro "rimarrò in Italia fino all'ultimo. Sono deciso a non fare l'esule".
E infatti continuano la loro vita unendo al lavoro e all’antifascismo, l’amore: all’inizio del 1923 i due giovani si sposano a Torino, subito dopo decidono di dar vita alla casa editrice Piero Gobetti editore che pubblicherà per la prima volta in Italia le opere di Luigi Einaudi e la primissima edizione di Ossi di seppia di Eugenio Montale.
Quando poi Ada rimane incinta, la coppia decide di ricercare un periodo di serenità in un viaggio tra Londra e Parigi, anche per sfuggire ai sempre più frequenti arresti di Piero, ma soprattutto alle aggressioni delle squadracce.
Dopo l’omicidio Matteotti infatti, per cui Gobetti aveva chiesto le dimissioni di Mussolini, i fascisti avevano iniziato con le diffide per sopprimere la sua attività di giornalista, arrivando fino all’aggressione fisica fuori casa. Una delle tante che sarebbero arrivate in quegli anni. Una delle tante che avrebbe compromesso la sua salute.
Torino, dicembre 1925
Negli ultimi giorni dell’anno nasce Paolo, figlio di Ada e Piero Gobetti. Viene alla luce quando la decisione sofferta e inevitabile di esiliare è già stata presa.
Piero ha scelto la capitale francese, un buon posto per poter stabilire la sua casa editrice: “farò l’editore francese, ossia il mio mestiere che in Italia mi è stato interdetto”. Il suo corpo è segnato dalle botte ricevute dai fascisti, in più uno scompenso cardiaco lo peggiora.
“Hai deciso di partire ed è giusto: tu sei fatto per esprimere liberamente tutta la tua attività in ogni minuto e questa inerzia forzata ti snerva e ti nuoce.”
Ada Gobetti
Così i primi giorni di febbraio, dopo aver potuto godere di un solo mese della sua famiglia, Piero Gobetti saluta la moglie e il figlio sotto la neve. La speranza è di ricongiungersi in Francia, perché “Finché durerà il fascismo non metterò più piede in Italia, morto o vivo".
“Anch’io penso con fede e gioia alla vita nuova che ci costruiremo laggiù, sotto un altro cielo. […] Se qui ci sentiamo europei, a Parigi ci sentiremo soprattutto italiani. E questa sarà la nostra dignità.”
Ada Gobetti
Sono passati una decina di giorni quando Piero a Parigi si ammala di bronchite: le sue condizioni di salute si aggravano. Ha solo venticinque anni ma il suo corpo è ormai compromesso.
L’11 febbraio scriverà la sua ultima lettera ad Ada
"Non ti scrivo più perché sono molto stanco. Saluta Poussin*. Gli amici per ora non mi scrivano: scriverò io.”
(* Soprannome del figlio.)
Il 14 febbraio, giorno di San Valentino, Ada risponde cercando di mantenersi positiva
"Mi dici che sei stanco: non preoccuparti se non puoi scrivermi a lungo, ma procura di non affaticarti troppo e di averti molti riguardi: te ne supplico anche in nome del Poussin. Non correre troppo in cerca di alloggi - avrai già tante altre cose da fare! Cerca di trovare un buco qualunque, provvisorio: quando ci sarò io provvederemo... Se mi fai sapere il nuovo indirizzo ti manderò un piccolo pacco coi fazzoletti e altre piccole cose."
E ancora
“Il nostro piccolo sta sempre benissimo: ti mando una prima fotografia: non lasciarla troppo alla luce, perché non è fissata e quindi svanisce […] Caro – anche se non puoi scrivermi a lungo – mandami sovente qualche parola che mi rassicuri: che questa lontananza è davvero troppo triste se non è confortata da qualche viva parola.”
Piero però scriverà solo un'ultima lettera, inviata a un amico per non far preoccupare la moglie
"Sono a letto con la febbre e naturalmente ti chiedo di non scrivere nulla sulla mia condizione ad Ada."
Due giorni dopo verrà portato d’urgenza nella clinica di Neuilly-sur-Seine e, assistito da Francesco Fausto, Francesco Saverio Nitti, Giuseppe Prezzolini e Luigi Emery, Piero Gobetti morirà nella notte tra il 15 e il 16 febbraio.
La notizia della sua morte arriva a Torino, in Italia. Ada continua comunque a scrivergli:
“La mia fede è la tua, non altra: e in essa soltanto posso trovare la forza di accettare […] Nella tua breve esistenza c’è stato tanto ardore, tanto lavoro, tanta gioia, da farla più ricca e felice di tante altre lunghissime vite: e non c’è stato in essa nulla di laido, di imperfetto, di malsicuro. È stata tutta luce: parabola breve dall’intensità luminosissima.” - Ada Gobetti, 16 febbraio 1926
Piero Gobetti viene sepolto nel cimitero di Père-Lachaise il 20 febbraio.
"Stamattina alle 9, nella Cappella della Chiesa di St. Honorè nella piazza Victor Hugo hanno avuto luogo le esequie di Piero Gobetti. La notizia della fine immatura del giovanissimo scrittore torinese, diffusa ieri dai giornali, aveva adunato attorno al feretro, che l'affetto degli amici aveva provveduto a coprire di fasci di fiori, numerose personalità francesi, appartenenti al mondo politico e giornalistico, oltre ai componenti dei principali giornali". - La Stampa, 20 febbraio 1926
"Piero Gobetti è morto a Parigi. E' stato il più giovane e il più coraggioso editore italiano". - La Volonté, quotidiano francese, 17 febbraio 1926
"Molto raramente abbiamo il privilegio di entrare in contatto con una vita così breve e così intensamente splendida". - Manchester Guardian, oggi The Guardian, 25 febbraio 1926
Italia, 2024
Piero Gobetti (1901-1926) giornalista, filosofo, editore, traduttore e antifascista. Venticinque anni di vita.
Ada Prospero (1902-1968) giornalista, traduttrice, partigiana, antifascista e attivista femminista. Sessantasei anni di vita.
Paolo Gobetti (1925-1995) partigiano, antifascista, critico cinematografico, regista e archivista. Settant’anni di vita.
“Amore mio, creatura mia, non ti sono stata vicina là, nella stanza d’albergo, nella stanza della clinica, quando più avresti avuto bisogno di me […] Non sentirai il tuo bambino chiamarti “papà”, non lo vedrai sorridere tenendoti le braccia. Ma almeno l’hai visto, ma almeno sapevi che c’era. E se hai compreso che morivi, certo ti è apparso come un dono di pace il pensiero che lui continua la tua vita […] Nella tua vita fatta di fatica e di lotta, il nostro amore è stato la gioia.”
Ada Gobetti, 16 febbraio 1926
Ogni storia ha dentro tante storie, se questa ti è piaciuta particolarmente, questi sono 3 consigli per te:
Leggi Nella tua breve esistenza. Lettere 1918-1926 sulle “due straordinarie personalità del Novecento che non hanno mai smesso di parlarci attraverso la loro struggente storia d'amore e il loro inestinguibile ed eroico impegno civile e politico”;
Scopri il cimitero di Père-Lachaise e il progetto culturale “L'Italia del Père-Lachaise. Vite straordinarie degli italiani di Francia e dei francesi d’Italia”;
Approfondisci la vita di Paolo Gobetti e della moglie Carla, e la loro creazione Centro Studi Piero Gobetti.
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