Benvenuti su Storie perdute, la newsletter che due volte al mese racconta storie che meritano di essere raccontate. E che molto spesso sono state dimenticate.
Europa, 1914
A inizio Novecento, e in alcuni casi anche nei secoli precedenti, erano già diffuse molte delle canzoni natalizie che siamo abituati a cantare fin da bambini. Tra le più famose, Tu scendi dalle stelle fu scritta nel 1754 dal vescovo e compositore Alfonso Maria de’ Liguori mentre Astro del ciel risale al 1818, quando venne tradotta dalla lingua tedesca con cui era stata scritta da Franz Xaver Gruber, con il titolo Stille Nacht.
Anche l’attualissima Jingle Bells fu scritta ben 57 anni prima dello scoppio della Prima guerra mondiale. Non fu un caso poi che la musica natalizia non registrò più nessun successo tra la fine dell’Ottocento e il 1934, quando arrivò Santa Claus Is Coming to Town. La tensione europea e poi il conflitto che ne scaturì demolirono lo spirito natalizio nel nostro continente.
Nell’agosto del 1914, quando il Natale sembrava lontano date le alte temperature, nessuno pensava alla situazione in cui si sarebbero trovati i politici, i generali, i soldati e soprattutto, le persone comuni, nell’ultimo mese di quell’anno. Erano tutti troppo impegnati a leggere le prime pagine dei giornali. E a dichiararsi guerra l’un l’altro.
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Nord e centro Europa, novembre 1914
Sotto il sole di agosto la guerra di cui si parlava sui quotidiani era destinata a finire in pochi mesi: molti esperti parlarono delle nuove armi moderne che avrebbero reso questo conflitto diverso da tutti gli altri, più umano, meno sanguinoso e soprattutto più rapido.
Le lettere di appello giunsero a milioni di persone, ma non fu quello a far arruolare gli uomini: la guerra ai loro occhi aveva un fascino napoleonico - spade, sciabole, uomini a cavallo - ed erano desiderosi di salvare la loro patria. La narrazione sul conflitto di alcuni giornali e dei politici aveva già convinto i cittadini, principalmente i giovanissimi, a vivere questa guerra come un’avventura estiva da fare con compagni di classe o amici.
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Per questo quando i treni si stipavano di giovani soldati pronti ad avanzare contro il nemico, l’aria si riempiva di canzoni e gli elmetti di fiori. Non immaginavano che alla fine di novembre si sarebbero ritrovati in un fronte infinito, che andava dalla Svizzera al Mare del Nord, fatto di bunker e trincee. Quegli stessi fiori sarebbero stati un ricordo lontano quando le temperature gelide avrebbero impedito loro di scavare il terreno.
Gli esperti, i giornali, i politici e i regnanti avevano sbagliato le loro predizioni: quella guerra non sarebbe stata di movimento, non sarebbe stata combattuta con armi bianche, ma con filo spinato e mitragliatrici in una infinita e devastante guerra di trincea.
I ragazzi non cantavano più.
Europa, dicembre 1914
Quando le temperature scesero così tanto da ricordare a tutti il Natale, nel dicembre del 1914 arrivarono diverse richieste di pace o di tregua. 101 suffragette inglesi scrissero una Lettera aperta di Natale alle donne di Germania e Austria, con un messaggio di pace tra le due fazioni.
Anche Papa Benedetto XV provò a proporre una tregua natalizia ai governi in guerra, chiedendo espressamente che “i cannoni possano tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano”.
Ma nessuna delle richieste venne presa in considerazione.
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Intanto, tra le linee del conflitto erano morti e feriti un milione di uomini e ragazzi (in numero quasi tutti gli abitanti di Milano oggi). La situazione delle trincee era statica: i soldati combattevano senza mai avanzare, inoltre le loro condizioni d’igiene e di salute peggioravano di giorno in giorno. Spesso le trincee si trovavano a poche centinaia di metri l’una da l’altra, tanto che gli uomini - costretti a una situazione immobile per le lunghe attese - si ritrovavano così vicini ai loro nemici che finivano per conoscerli.
Dentro quei buchi nel terreno c’erano uomini, ragazzi, persone. Che fossero tedeschi, inglesi o francesi, avevano qualcosa che li univa molto più della loro nazionalità. Forse era la guerra, forse era la voglia di vivere.
Europa, 24 dicembre 1914
Quando nel tardo pomeriggio del 24 dicembre 1914 a St Yvon il tenente Bruce Bairnsfather - che sarebbe poi diventato un famoso umorista e cartonista britannico - uscì dalla sua trincea e “trascinando i piedi nell’acqua in cerca di un posto asciutto, mi ci fermai sopra e guardai la scena che mi circondava, la tranquillità le stelle e ora il cielo blu scuro” notò qualcosa di strano.
“Da lì potevo vedere la fila delle nostre trincee e quelle dei tedeschi. Lentamente alcune canzoni cominciarono a levarsi da varie parti della nostra linea”.
Quando le voci del coro inglese si fermò, un’armonica iniziò a suonare, ma molto più lontana.
“Che succede?”
“Sono i tedeschi signore. Stanno cantando.”
In molti testi come Silent Night di Stanley Wintraub e Christmas Truce di Malcolm Brown e Shirley Seaton, viene riportato quanto accaduto quella notte di Natale tra le trincee, attraverso le parole di chi visse quella pausa dall’incubo che sarebbe passata alla Storia come tregua di Natale.
Inizialmente tra le linee inglesi iniziò a esserci preoccupazione quando apparvero nella zona nemica diverse luci, solitamente evitate perché richiamo per il nemico. Rumori e suoni arrivavano dai tedeschi, che probabilmente si preparavano a un nuovo attacco. Un nuovo massacro.
“Inglesi, inglesi!”
“Non sparate! Voi non sparate, noi non spariamo.”
“Merry Christmas!”
La linea tedesca era illuminata da migliaia di alberi di Natale: le luci quella notte riempivano l’intero spazio attorno ai soldati.
“Ogni trincea aveva un suo albero e da ogni direzione si sentivano le voci roche dei soldati cantare canzoni natalizie.”
Tra tutte, si documenta che la preferita fosse Stille Nacht, in inglese Silent Night, che suonava le stesse note per entrambe le fazioni.
Il mattino del 25 dicembre i soldati inglesi, tedeschi e francesi uscirono dalle loro trincee e si incontrarono nella terra di nessuno che li aveva divisi fino a quel giorno. Avrebbero passato quel Natale non solo a seppellire i loro morti abbandonati da settimane, ma anche a scambiarsi gesti di pace e doni.
Sigari tedeschi, sigarette inglesi, cioccolata scambiata per pipe scolpite con la faccia del principe tedesco. Bruce Bairnsfather ricordò:
“Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo... Notai un ufficiale tedesco, una specie di tenente credo, ed essendo io un po' collezionista gli dissi che avevo perso la testa per alcuni dei suoi bottoni [della divisa]... Presi la mia tronchesina e, con pochi abili colpi, tagliai un paio dei suoi bottoni e me li misi in tasca. Poi gli diedi due dei miei bottoni in cambio... Da ultimo vidi uno dei miei mitraglieri, che nella vita civile era una sorta di barbiere amatoriale, intento a tagliare i capelli innaturalmente lunghi di un docile ‘Boche’, che rimase pazientemente inginocchiato a terra mentre la macchinetta si insinuava dietro il suo collo.”
Il capitano Sir Edward Hulse Bart, testimoniò l’accaduto scrivendo
“Fu una cosa assolutamente incredibile, e se l'avessi vista in una pellicola cinematografica avrei giurato che fosse una messiscena!"
Il tenente Geoffrey Heinkey, scrisse alla madre in una lettera:
“È accaduto un fatto straordinario: alcuni tedeschi sono usciti dalle loro trincee e hanno iniziato a portare via i loro feriti e così noi siamo subito usciti dalle trincee e abbiamo cominciato a portare dentro i nostri morti […] È davvero ironico: la notte scorsa abbiamo avuto uno scontro tremendo e la mattina dopo eccoci qui, con loro che fumano le nostre sigarette e noi che fumiamo le loro”
Nel giorno di Natale del 1914 si registrò che circa 100.000 soldati britannici e tedeschi (le persone che potrebbero riempire due volte lo Stadio Maradona di Napoli), in varie zone del fronte occidentale, diedero vita a una tregua senza che fosse pattuita ufficialmente, ma in modo spontaneo. Si scattarono anche delle foto ricordo.
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Fronte occidentale, 26 dicembre
In media la tregua di Natale durò solo per il 25 dicembre, anche se ci sono testimonianze di alcuni settori che la videro durare fino a Capodanno.
Pian piano però le mine ripresero a esplodere, i fucili a sparare, i corpi a cadere, soprattutto per le pressioni dei comandanti, preoccupati di possibili ammutinamenti delle truppe.
Negli anni successivi si tentarono altre tregue, ma non ebbero il successo di quella del 1914. Non furono concessi nemmeno cessate il fuoco ufficiali.
La Prima guerra mondiale durò per altri tre anni, uccidendo 10 milioni di soldati in tutto. Per capire: è come se oggi morissero tutti gli abitanti di 10 regioni italiane su 21. Valle d’Aosta, Molise, Basilicata, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Marche, Liguria e Calabria.
La sua fine, che prevedeva la pace imposta alla Germania, creò le basi per un secondo conflitto ancor peggiore.
Mondo, 2023
Nell’era della globalizzazione è difficile farsi unire da una canzone, o da una festività religiosa. Quello che univa i soldati sul fronte occidentale nel 1914 però era altro, qualcosa che accomuna oggi anche tutti i soldati - e i civili - coinvolti in guerre, battaglie, conflitti.
Qualcosa che è giusto celebrare il giorno di Natale, e tutti gli altri giorni, sul fronte e non.
Ogni storia ha dentro tante storie, se questa ti è piaciuta particolarmente, questi sono 3 consigli per te:
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Buon Natale, pieno di storie.