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Stati Uniti d’America, XIX secolo
Questa storia perduta inizia da una foto. Questa:
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“Nemici nel ’76, amici nell’85”
Nomi come Buffalo Bill e Toro Seduto ci riportano alla mente il mondo del Far West, e tutti quei film e quelle narrazioni ambientati negli attuali Stati Uniti d’America, nel periodo in cui venivano progressivamente occupati dagli immigrati europei nel XIX secolo.
L’immaginario che abbiamo è quello trasmessoci dagli stessi americani: una terra di frontiera pronta a essere esplorata e abitata, in cui l’ordine e la legge arrivarono solo con i coloni bianchi, grazie a doverose battaglie.
Le storie che sono giunte agli europei, ma anche al resto del mondo, narrano di pionieri, esploratori, cowboy, banditi, sceriffi, cercatori d’oro, movimenti religiosi e, ovviamente, nativi americani.
A trasmettere questi racconti sono state sicuramente la letteratura e la Storia, ma al tempo molto si doveva anche ai circhi. In particolare a un circo molto famoso che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, portò nelle sue tournée tra America ed Europa diversi spettacoli, tra cui quello del Wild West Show. Parliamo del circo Barnum.
Nato dall’unione delle due compagnie - Ringling Bros. e Barnum & Bailey Circus – il circo Barnum divenne molto famoso principalmente per impiegare “esseri umani con particolari condizioni genetiche, difetti fisici e malattie trasformandoli di fatto in fenomeni da baraccone”. A proporre gli spettacoli dedicati al Far West era stato un dipendente del circo, molto conosciuto in America, e successivamente in Europa: Buffalo Bill.
William Frederick Cody era stato un soldato nella guerra di secessione americana e un cacciatore di bisonti, prima di essere impresario teatrale. Era diventato eroe nazionale grazie a una breve lotta corpo a corpo con un capo indiano nel 1876.
Divenne Buffalo Bill dopo aver vinto una gara di caccia al bisonte contro William Comstock, a cui apparteneva precedentemente questo soprannome. Secondo alcune fonti storiche, dall’Ottocento in avanti diversi cacciatori di bisonti usarono lo pseudonimo Buffalo Bill per ricordare qualche valorosa caccia. Ovviamente, ognuno di loro pretendeva di essere l’unico.
Sicuramente Cody aveva molto a che fare con i bisonti, come tutti i soldati dell’epoca: gli immigrati europei decimarono le mandrie presenti in America del Nord come strategia per sconfiggere i nativi americani, che dipendevano in quasi tutto dai bisonti e li ritenevano inoltre animali sacri. Il governo degli Stati Uniti avviò una campagna di sterminio spronando gli stessi soldati dell’esercito, tanto che si passò da 60.000 esemplari a metà Ottocento, a 5.000 a inizio Novecento.
Di questi 55.000 bisonti uccisi, 4.280 sembrano essere morti per mano di Buffalo Bill, che voleva rifornire di carne gli operai della Kansas Pacific Railroad, addetti alla costruzione della ferrovia.
Fu proprio per queste sue prodezze che Ned Buntline, famoso scrittore e giornalista che aveva già raccontato le gesta di Cody, chiese all’uomo di trasformare le sue novelle in opere teatrali: Buffalo Bill accettò, iniziando così la sua carriera da attore e teatrante.
Nacque poi nel 1883, il Buffalo Bill's Wild West: uno spettacolo in cui venivano rappresentate vere battaglie tra nativi e coloni, che ebbe un enorme successo per più di vent’anni e fu recitato sia negli Stati Uniti sia in Europa. In Italia Buffalo Bill arrivò nel 1890 e nel 1906, passando per tantissime città come Torino, Milano, Napoli, Bologna, Venezia, Genova, Padova, Vicenza, Udine, Rimini, Cremona, Novara, Ancona…
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Agli spettacoli del Buffalo Bill's Wild West partecipavano cavalieri cosacchi e arabi, e più tardi anche gli stessi nativi americani. Tra i protagonisti del circo c’erano personaggi che ricordiamo ancora oggi, nomi che rientrano nel nostro immaginario western. Come Calamity Jane, cowgirl e pistolera. Come Toro Seduto, il più grande capo tribù tra i nativi americani.
“Nemici nel ’76, amici nell’85” si riferiva proprio al rapporto tra Buffalo Bill e il capo dei Sioux Hunkpapa, iniziato da avversari nel 1876 durante le guerre tra nativi e coloni, prima che i nativi americani venissero massacrati o rinchiusi nelle riserve dagli statunitensi.
Come c’è finito Toro Seduto a recitare se stesso per il piacere di coloro che avevano sterminato la sua tribù?
Bismarck, Dakota del Nord, 1883
La prima avventura di Toro Seduto nel mondo dei bianchi fu da Mandan a Bismarck a bordo di una carrozza ferroviaria. Era anche la prima volta che il capo dei Sioux viaggiava su un treno. Il suo umore in quell’occasione venne descritto come “collerico e stizzoso”. Nonostante questo, durante l’uscita da Fort Yates, la Riserva indiana di Standing Rock dove era imprigionato con altri nativi, “si riempì le tasche con il denaro guadagnato vendendo i propri autografi per un dollaro e mezzo o due dollari l’uno”*.
Qualche anno prima, quando era stato obbligato ad arrendersi ai coloni bianchi, Toro Seduto aveva fatto una piccola sosta sempre a Bismarck, dove aveva potuto constatare ciò che l’attendeva nella città dei bianchi. Aveva scoperto che “il suo corpo valeva parecchio denaro”* e che “molta gente era disposta a pagarlo profumatamente per un autografo tracciato con mano goffa”*.
Per questo in seguito avrebbe accettato volentieri le escursioni nel mondo bianco – anche per abbattere la noia della riserva – stupendosi delle sue meraviglie, apprezzandone i progressi e disprezzandone i fallimenti. Più guadagnava, più Toro Seduto “poteva accrescere in misura impressionante la sua fama di generosità”*: spendeva tutti i suoi guadagni per gli altri, dalle cene offerte durante i suoi viaggi agli aiuti al suo popolo ghettizzato.
I Sioux cercavano da sempre di acquisire ricchezze - anche se ai tempi d’oro si parlava di cavalli e non di soldi - non tanto per vantarsene o ostentarle, ma per donarle ai più bisognosi. Era la capacità di fare beneficenza a fare grande un Sioux, e Toro Seduto aveva bisogno di dimostrare alla sua gente che poteva ancora guidarli, essere sempre il loro capo guerriero e sant’uomo, nonostante i coloni li avessero costretti a scegliere tra la vita e la libertà.
Il viaggio a Bismarck di Toro Seduto insieme a James McLaughlin - agente e ispettore dell’agenzia indiana che all’epoca era a capo di Standing Rock – fu solo uno dei tanti che i due intrapresero insieme. Se il primo voleva guadagnare ricchezze, il secondo voleva guadagnare potere.
“Quando nel marzo 1884 McLaughlin dovette recarsi a St. Paul per questioni che riguardavano l’agenzia, Toro Seduto espose ‘l’ardente sollecitazione’ di accompagnarlo. Voleva conoscere meglio gli usi e i costumi dei bianchi, disse McLaughlin, e questo avrebbe potuto aiutarlo a civilizzarsi”.*
L’ispettore riportò un mese dopo il suo viaggio:
“Toro Seduto viene spesso a casa mia per parlare della sua visita a St. Paul e nel mondo civile. […] L’influenza di cui dispone viene orientata nella direzione giusta e il recente viaggio a St. Paul è stato determinante a questo proposito.” – McLaughlin a J.M. Stevenson, 13 maggio 1884
Il suo giudizio ottimista sarebbe cambiato poco tempo dopo. Per il momento però, il direttore della riserva iniziava a prendere in considerazione i benefici dei viaggi con Toro Seduto: di certo non sarebbe stato lui a chiudere gli occhi di fronte a una possibile prospettiva di guadagni. Infatti, “il proprietario del Merchants Hotel di St. Paul, Alvaren Allen, era anche impresario; e subito dopo la partenza degli ospiti indiani scrisse a un amico senatore pregandolo di intervenire presso l’Ufficio per gli Affari Indiani perché autorizzasse una tournée con Toro Seduto.”*
McLaughlin accettò subito il progetto, cercando di convincere “quel vecchio pazzo” ad accettare la proposta di Allen. Come riporta Robert Utley: “[…] un compito delicato perché ‘è necessario trattarlo e maneggiarlo con delicatezza come se fosse un uovo’ e ancora, ‘Una cosa è certa, noi possiamo averlo mentre non può averlo nessun altro; ma bisogna manovrarlo con prudenza per farlo decidere’”.
I viaggi di Toro Seduto nel mondo dei bianchi gli rivelarono usi e costumi che lo sbalordirono, ma non incrinarono mai la sua compostezza: l’uomo continuava a considerarsi il capo guerriero e sant’uomo degli Hunkpapa e soprattutto il capo supremo dei Lakota.
“Avrebbe condotto un’esistenza non contaminata da significative influenze dei bianchi, ed era rimasto l’Hunkpapa modello di un tempo, incarnazione delle virtù cardinali, famoso per il coraggio, la generosità, la saggezza e la compassione per la sua gente. Era pronto al compromesso. Si sarebbe piegato alle circostanze difficili, avrebbe accettato i confini di una riserva e avrebbe imparato a ricavare dalla terra il necessario per vivere. Ma avrebbe anche continuato a guidare i suoi come aveva sempre fatto prima della catastrofe del 1876”.*
Per McLaughlin quella compostezza era “una vera seccatura”.
1883, Standing Rock
Un giorno dello stesso anno, giunse alla riserva John M. Burke, manager di Cody ben conosciuto come Buffalo Bill, per intavolare una trattativa con Toro Seduto.
“Se i nativi fossero stati autorizzati a partecipare a uno spettacolo,
dichiarò McLaughlin che in quel momento stava trattando per conto di Allen,
avrebbe preferito che entrassero a far parte della troupe di Cody.
Ma non era il caso di prendere in considerazione una proposta del genere proprio ‘quando gli ex ostili si mostrano tanto ben disposti e incominciano ad adattarsi alla vita dell’agricoltore’”.*
McLaughlin non aveva alcun interesse a lasciare Toro Seduto al circo Barnum, mentre avrebbe beneficiato della sua partecipazione al progetto di Alvaren Allen.
Poco dopo infatti, si costituì la “Combinazione Toro Seduto” e il capo tribù insieme ad altri nativi iniziarono una tournée per conto di Allen che venne così descritta dal New York Times:“affascianti rappresentazioni della vita selvaggia nelle pianure”. Queste consistevano in “un tipi sul palcoscenico e gli indiani abbigliati tradizionalmente che fumavano e preparavano i pasti, con l’accompagnamento di una conferenza sulla loro vita spirituale”.
Purtroppo per McLaughlin, Allen contravvenne alle regole imposte dal Dipartimento degli Interni, per cui il direttore della riserva fu messo in una situazione imbarazzante agli occhi del commissario per gli Affari Indiani. Decise allora di chiudere con le tournée.
Buffalo Bill tornò alla carica per scritturare Toro Seduto per il famoso Wild West e il 6 giugno 1886 fu firmato il contratto.
1886, Stati Uniti d’America
50 dollari a settimana, un premio di altri 125 e i diritti esclusivi sulla vendita dei suoi ritratti e dei suoi autografi. Toro Seduto passò quattro mesi a viaggiare per l’America con Buffalo Bill, un periodo di tempo molto più soddisfacente di quello passato con Allen in precedenza.
I due andavano d’accordo, probabilmente perché Toro Seduto godeva di una libertà considerevole:
“Cody lo presentava onestamente al pubblico come ‘Toro Seduto, il famoso capo Hunkpapa’. Non lo sbandierava come ‘l’uccisore di Custer’ e non gli faceva interpretare quadri viventi o battaglie simulate. Toro Seduto sfilava in parata e accoglieva i visitatori nel tuo tipi”.*
Inoltre, era libero di distribuire generosamente il suo denaro.
Quando la tournée si concluse, Buffalo Bill regalò a Toro Seduto il cavallo grigio chiaro che aveva montato durante le sue apparizioni e a cui si era molto affezionato.
“Cody glielo regalò e anzi pagò le spese per il trasporto fino a Standing Rock. Il cavallo e un grande cappello bianco western, donato anch’esso da Cody, furono cari a Toro Seduto fino al giorno della sua morte”.*
1886, Standing Rock
Al suo ritorno nella riserva, Toro Seduto era cambiato: la sua visione del mondo ora era più ampia. Forse per questo manifestò nei confronti di McLaughlin una certa indipendenza che fece irritare molto il direttore.
“Si è montato la testa per l’attenzione del pubblico, e non ha tratto profitto da ciò che ha visto, anzi riferisce agli indiani le falsità più sorprendenti. […] Forse sarò costretto ad arrestarlo e a rinchiuderlo in guardina”.*
Quando Buffalo Bill tornò per scritturare nuovamente il capo tribù, com’era prevedibile si trovò di fronte un muro.
“‘È un tale bugiardo, troppo vanitoso e ostinato per trarre beneficio da ciò che vede, e non fa buon uso del denaro che guadagna’ rispose McLaughlin.
Toro Seduto aveva simpatia per Cody e probabilmente si sarebbe lasciato scritturare, ‘ma per il bene degli altri indiani e nell’interesse del Servizio sono costretto a concludere che sarebbe imprudente lasciarlo partecipare a questa tournée’”.*
Come era iniziata, per volere dei bianchi, la carriera di Toro Seduto nel mondo dello spettacolo era finita.
Standing Rock, 15 dicembre 1890
Toro Seduto morì la mattina del 15 dicembre 1890 dopo essere stato arrestato, per ordine di McLaughlin, da nativi che avevano combattuto con lui nelle guerre contro i coloni, e che con il tempo erano diventati agenti della polizia indiana.
Tra i poliziotti e i Sioux era iniziata una lotta per liberare il capo tribù, finita poi con la morte di otto agenti e otto nativi, oltre a Toro Seduto. Aveva 53 anni.
L’accusa ufficiale usata per l’arresto era l’appoggio di Toro Seduto alla Danza degli Spiriti, una religione a base cattolica che si era diffusa tra i Sioux e altre tribù, in cui lui non credeva. Come gli stessi bianchi gli avevano insegnato – appartenendo loro a varie sfumature del cattolicesimo - sosteneva la libertà di culto.
A oggi è impossibile sapere se l’ordine di McLaughlin sia stato solo d’arresto, o anche di uccisione. Ma la cattura di Toro Seduto veniva ormai progettata da tempo anche a livelli più alti nell’agenzia indiana, tanto che nei giorni precedenti alla morte era stato chiesto al “colonnello” Cody – Buffalo Bill – di “prendere in consegna la persona di Toro Seduto e di affidarlo al più vicino comandante delle truppe degli Stati Uniti”.
La sua missione fallì, innanzitutto perché Cody si presentò ubriaco, anche a causa degli ufficiali di Fort Yates che cospiravano per assicurarsi che il colonnello continuasse a bere. Quando poi l’uomo si presentò sobrio, lungo la via verso la casa di Toro Seduto venne dissuaso da Louis Primeau, l’interprete della riserva, che gli mentì dicendo che l’amico non era in casa, bensì stava andando all’agenzia lungo un’altra strada.
“Non si sa se fu un’improvvisa ispirazione di Primeau, o come pensano alcuni, un trucco di McLaughlin”, riporta Robert Utley, ma sta di fatto che venne revocata ogni autorità a Cody dopo che il direttore inviò il telegramma ai piani alti dell’Agenzia.
Come più tardi affermò soddisfatto McLaughlin, ‘il mio telegramma salvò quel giorno per il mondo un individuo eccellente e un grande uomo di spettacolo’”.*
Probabilmente però, non fu così. Il timore di McLaughlin era la reazione di Toro Seduto, o magari una sua fuga improvvisa, ma sarebbe stato improbabile l’uccisione di Buffalo Bill per mano del capo tribù. Toro Seduto avrebbe accolto senza dubbio il vecchio amico, come riporta Robert Utley, “con il solito spirito ospitale e avrebbe ascoltato i suoi argomenti. Come aveva fatto con McLaughlin due settimane prima”.
Mondo, dopo il 15 dicembre 1890
James McLaughlin morì a Washington D.C. nel 1923, mentre ancora lavorava. È stato seppellito nella città che porta il suo nome, sul lato del Dakota del Sud della riserva di Standing Rock. Nel 1910 aveva pubblicato un memoir della sua vita intitolandolo Il mio amico l'indiano.
Buffalo Bill morì nel 1917, all'età di 70 anni, dopo aver combattuto con il grado di colonnello nel 1890 - stesso anno della morte di Toro Seduto – contro i Sioux, con cui si era già scontrato nel ‘76. Dopo la morte del capo tribù Cody comprò dalle vedove il cavallo grigio che lui stesso aveva donato. Quando il Wild West diede il primo spettacolo all’Esposizione Mondiale di Chicago, il cavallo procedeva in testa alla grande parata, portando in groppa un uomo che reggeva la bandiera americana.
Il circo Barnum ha chiuso i battenti a maggio del 2017.
Tra la fine del XV e la fine del XIX secolo si ritiene siano morti tra i 55 e i 100 milioni di nativi americani in seguito alla colonizzazione degli europei. Le cause furono: malattie epidemiche, guerre e perdite dei territori, cambio dello stile di vita, sterminio deliberato in quanto etnia considerata inferiore. Oggi viene chiamato genocidio dei nativi americani.
I pochi sopravvissuti continuarono la loro vita all’interno delle riserve indiane, che inizialmente erano molto simili a campi di concentramento, trasformati poi in ghetti. Solo nel 1924 ai nativi americani fu permesso integrarsi e venne concesso loro il diritto di voto, nonostante fecero parte insieme a tutti i non bianchi della segregazione razziale negli Stati Uniti d’America fino alla firma del Civil Rights Act del 1964 da parte del Presidente Lyndon Johnson.
* Toro Seduto. La sua vita, i suoi tempi Robert Utley (Mondadori)
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