Benvenuti su Storie perdute, la newsletter che due volte al mese racconta storie che meritano di essere raccontate. E che molto spesso sono state dimenticate.
Grecia, 160 d.C.
A Roma nell’anno 125 d.C. nasceva una bambina, Appia Ànnia Regilla, figlia dell’alta aristocrazia: oggi potremmo forse sentire il suo nome passando per la via Appia nella capitale, dove si trova il cenotafio di Annia Regilla.
Regilla da grande sarebbe stata una nobildonna e una sacerdotessa, lei che come tutte le giovani aristocratiche ebbe una buona istruzione e frequentò corti prestigiose come quella di Adriano.
A 15 anni e come volevano le leggi (12 anni l'età minima per il matrimonio), sposò per volere della sua famiglia Erode Attico - letterato, politico, filosofo e uomo irascibile - di 24 anni più vecchio.
La neo coppia si trasferì presto in Grecia, lasciando la famiglia della donna a Roma. Regilla si ritrovò così nella culla della cultura, tra ricchezza e prestigio, mentre suo marito continuava a dedicarle monumenti maestosi.
Nel 160 a.C. la coppia era in procinto di avere un ennesimo figlio - molti erano morti date le scarse cure dell’epoca - e Regilla si trovava nell’ottavo mese quando lo schiavo Alcimedonte la picchiò, così tanto da farla abortire, e poi morire.
Erode “per futili motivi, ordinò al suo liberto Alcimedonte di picchiarla. Colpita al ventre, la donna abortì e morì”, dichiarò Bradua, fratello di Regilla, al processo intentato contro Attico. Nessuno credeva che il marito potesse essere innocente: non aveva neppure punito il suo schiavo per quanto fatto. Eppure l’uomo venne assolto grazie all'intervento dell'imperatore Marco Aurelio, suo ex studente.
Roma, 1611
Artemisia Gentileschi nacque a Roma l'8 luglio 1593 da Orazio, stimato pittore, e Prudenzia. A differenza di molte donne di quell’epoca, ricevette una formazione direttamente dal padre, che valorizzò al massimo il suo talento precoce nella pittura.
Artemisia oggi può essere ricordata come una delle più straordinarie pittrici del XVI e XVII secolo: ispirata dalla scena artistica della capitale, poté apprendere da grandi come Caravaggio o come Agostino Tassi, pittore talentuoso, chiamato da molti “lo smargiasso” o “l'avventuriero” per il suo carattere sanguigno.
Invece a oggi, la pittrice viene ricordata per essere stata stuprata proprio da Tassi nel 1611, nella stessa abitazione dei Gentileschi mentre Orazio era assente, e per il relativo processo.
“Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, avendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne.” - Artemisia Gentileschi
Dopo lo stupro, Tassi cercò di riparare al disonore verso Orazio promettendo ad Artemisia un matrimonio: all’epoca, per estinguere il reato di violenza sessuale bastava che il carnefice convolasse a nozze con la vittima.
Nel 1612, la donna venne però a sapere che Tassi era già coniugato: a quel punto Orazio, che fino a quel momento aveva taciuto, sporse denuncia, iniziando così un processo che avrebbe suscitato svariate dicerie.
Artemisia venne vista come consenziente, dato che per troppo tempo aveva nascosto l’accaduto: fu sottoposta per ordine delle autorità giudiziarie a un interrogatorio sotto tortura, così da poter arrivare prima alla verità. Rischiò in questo modo di perdere per sempre l’uso delle dita, le stesse che le permettevano di dipingere. Nonostante questo, non ritrattò mai le sue dichiarazioni.
Il 27 novembre 1612 Agostino Tassi venne condannato a cinque anni di reclusione o all'esilio perpetuo da Roma. L’uomo scelse la seconda opzione, poiché sapeva bene che non si sarebbe mai spostato dalla città, grazie ai suoi potenti committenti che lo volevano lì presente.
Milano, 1973
Quando Franca Rame, nata a Parabiago il 18 luglio 1929, era ancora una neonata, fu subito impiegata dalla compagnia teatrale di famiglia per i ruoli da infante nelle commedie. Non a caso diventerà un’attrice e una drammaturga. Non a caso sposerà poi Dario Fo e fonderà con lui la "Compagnia Dario Fo-Franca Rame".
Nel 1968, sempre con suo marito, appoggerà l'utopia sessantottina: si occuperà quindi anche di politica, collaborerà con Soccorso Rosso, si esporrà su casi come quello di Giuseppe Pinelli, parlerà di fascismo e di Resistenza, parteciperà al movimento femminista.
Sarà un personaggio apprezzato e odiato da molti, sia per essere la compagna di Dario Fo, sia per le sue scelte, le sue idee, le sue parole.
Per questo e per molte altre ragioni il 9 marzo 1973 Franca Rame fu costretta a salire su un furgoncino. Cinque uomini la sequestrarono, la stuprarono a turno e la torturarono per ore.
Il procedimento penale contro i cinque ignoti finì nel 1998, venticinque anni dopo l’accaduto. Verdetto: prescrizione del reato. Giovanni Maria Bellu, nell’articolo di Repubblica I carabinieri ci dissero: stuprate Franca Rame, scrisse:
“Furono alcuni ufficiali dei carabinieri a ordinare lo stupro di Franca Rame. L'aveva detto dieci anni fa l'ex neofascista Angelo Izzo, l'ha confermato al giudice istruttore Guido Salvini un esponente di spicco della destra milanese, Biagio Pitarresi. Il suo racconto occupa due delle 450 pagine della sentenza di rinvio a giudizio sull'eversione nera degli Anni 70. La sentenza è stata depositata pochi giorni fa, il 3 di questo mese. Lo stupro avvenne il 9 marzo del 1973, venticinque anni orsono. Un tempo che fa scattare la prescrizione e che garantisce l'impunità alle persone chiamate in causa.”
Franca Rame ricorderà la vicenda nell'opera Lo stupro, nel 1981, parte dello spettacolo Tutta casa, letto e chiesa.
“Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male, nel senso che mi sento svenire non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo, per l’umiliazione, per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello, per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero, mi fanno male anche i capelli, me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia.. è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.
Cammino, cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. I poliziotti, gente che entra, che esce. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora. Sento le loro domande. Vedo le loro facce, i loro mezzi sorrisi. Penso e ci ripenso. Poi mi decido.
Torno a casa…torno a casa…li denuncerò domani.”
Italia, 2023
Citando i dati riportati dal Ministero degli Interni, nel report settimanale aggiornato al 20 novembre 2023:
dal 1° gennaio al 20 novembre 2023 sono state uccise 295 persone
di queste 295 persone, 106 erano donne
di queste 106 donne, 87 sono state uccise in ambito familiare/affettivo
di queste 87 donne uccise in ambito familiare/affettivo, 55 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner
Grazie a internet, ai social media, ai mezzi di comunicazione attuali, possiamo scoprire due o mille volte al mese storie perdute che hanno lasciato un segno nella Storia, ma che per qualche motivo sono state dimenticate o stanno essendo dimenticate.
Ma ci sono anche storie perdute che restano perdute - nomi, passioni, talenti, sorrisi - nonostante meritino di essere raccontate. Purtroppo, alcune storie si trasformano in numeri. Numeri che non dovrebbero essere dimenticati.
Grazie per non aver lasciato dimenticate queste storie raccontate oggi. Grazie se ne ricorderai tante altre che qui non sono state riportate. Grazie se nel tuo piccolo farai in modo che non ci sia nessun numero da dimenticare.
Se queste storie ti sono rimaste particolarmente impresse, questi sono 3 consigli per te:
Ascolta queste parole di Michela Murgia
Guarda C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Ricorda Anna Garofalo che nel 1946 scriveva “Stringiamo le schede come biglietti d’amore”. Ricordalo sempre.
Leggi, informati, fatica a capire la complessità. Fai sentire sempre la tua voce, senza violenza. Non te ne stancare.