Benvenuti su Storie perdute, la newsletter che due volte al mese racconta storie che meritano di essere raccontate. E che molto spesso sono state dimenticate.
Roma, piazza San Pietro, 13 gennaio 1998
Le festività natalizie erano finite da una settimana quando Alfredo Ormando arrivò in piazza San Pietro. Aveva preso un treno dalla Sicilia per arrivare nel luogo per eccellenza della Chiesa Cattolica.
Il 13 gennaio del 1998 l’uomo, trentanove anni, si fermò in un punto della piazza, si cosparse di benzina e si diede fuoco.
In poco tempo, due poliziotti si resero conto di ciò che stava accadendo e corsero a spegnere le fiamme. Alfredo Ormando fu portato all’ospedale romano Sant’Eugenio, ricoverato con ustioni di terzo grado sul novanta per cento del corpo.
Dopo dieci giorni, il 23 gennaio, e dopo atroci sofferenze, l’uomo morì.
Solo otto anni prima l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – aveva tolto l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
San Cataldo, Caltanissetta, 15 dicembre 1958
Quando Alfredo Ormando nacque alla fine degli anni Cinquanta, l’omosessualità non era contemplata dalla società. Soprattutto in un ambiente – come lui stesso lo definì – “bigotto” e “provinciale” come quello originario della sua famiglia.
Il padre e la madre, analfabeti, avevano avuto otto tra figlie e figli. Quando il ragazzo decise di palesare la sua omosessualità, questa non venne accettata dalla famiglia, tantomeno dalla società in cui aveva vissuto fino a quel momento. Fu in quel momento che decise di entrare in un seminario francescano: da credente era convinto di trovare comprensione all’intero di quelle mura. Cosa che non avvenne.
A 35 anni Alfredo Ormando ottenne il diploma di scuola media, cominciò in quegli anni la sua carriera di scrittore e poeta: il suo unico libro pubblicato sarà un romanzo autobiografico, Il Fratacchione, racconto della sua esperienza di due anni trascorsi nel monastero, cercando di avvicinarsi a Dio e di purificarsi dai suoi desideri “impuri”.
Quando il 13 gennaio 1998 l’uomo arrivò in piazza San Pietro, era convinto della sua scelta, raccontata in una lettera scritta per un amico il giorno di Natale:
“Vivo con la consapevolezza di chi sta per lasciare la vita terrena e ciò non mi fa orrore, anzi! Non vedo l’ora di porre fine ai miei giorni; penseranno che sia un pazzo perché ho deciso Piazza San Pietro per darmi fuoco, mentre potevo farlo anche a Palermo. Spero che capiranno il messaggio che voglio dare: è una forma di protesta contro la Chiesa, che demonizza l’omosessualità, demonizzando nel contempo la natura, perché l’omosessualità è sua figlia.”
Roma, piazza San Pietro, 13 gennaio 1998
Quando gli agenti di polizia arrivarono, cercarono di spegnere le fiamme con le loro giacche. Uno dei due ricorderà che, prima di perdere conoscenza, l’uomo continuava a ripetere:
“Non sono neanche stato capace di morire”
L’intenzione di Alfredo Ormando non appare subito chiara, almeno fino al ritrovamento delle due lettere che l’uomo portava con sé. La prima riportava quanto segue:
“Chiedo scusa per essere venuto al mondo, per aver appestato l’aria che voi respirate con il mio venefico respiro, per aver osato di pensare e di agire da uomo, per non aver accettato una diversità che non sentivo, per aver considerato l’omosessualità una sessualità naturale, per essermi sentito uguale agli eterosessuali e secondo a nessuno, per aver ambito a diventare uno scrittore, per aver sognato, per aver riso.”
La seconda, era una lettera a uno dei fratelli:
“Non hai idea di come ci si sente quando si è trattati in questo modo; non si riesce mai ad abituarsi ad accettarlo, perché è la nostra dignità che viene brutalmente vilipesa.”
Le lettere vengono subito confiscate. Poco dopo, il portavoce del Vaticano Ciro Benedettini affermerà:
“Nella lettera trovata addosso a Ormando, non si afferma in nessun modo che il suo gesto sia determinato dalla sua presunta omosessualità o da protesta contro la Chiesa.”
I giornali riportano la notizia del suicidio di Alfredo Ormando senza nessuna connessione tra il luogo e il gesto, tra l’omosessualità e la Chiesa. Dieci giorni dopo, la Santa Sede evita anche di dare la notizia della morte dell’uomo. L’Osservatore Romano il 23 gennaio racconta invece i dettagli della prima udienza a un enorme pitone di una delegazione di artisti circensi, mai concessa da un Papa fino a quel momento.
Ma prima di salire sul treno diretto a Roma, Ormando aveva inviato una copia di quelle lettere anche all’Ansa di Palermo. In poco tempo la verità viene a galla: la tragica morte dell’uomo è una prova tangibile e scioccante del “senso di colpa cattolico”, della pericolosità dell’intolleranza religiosa per la salute e il benessere di persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, non solo atee ma anche credenti.
Stati Uniti d’America, 2013
Andy Abrahams Wilson, produttore cinematografico, aveva studiato in Italia durante il college: in quel periodo conobbe la storia di Alfredo Ormando.
"[Un amico] Mi ha detto che un gay si è dato fuoco in Vaticano. La chiesa ha minimizzato ciò che è successo, dicendo che era disturbato psicologicamente, aveva problemi familiari e non era una protesta contro la chiesa. E finì lì."
Wilson ricorda anche la reazione dei media italiani all’accaduto:
"Lo presentarono come patetico. Quindi nel suo grande gesto, nel suo grande coming-out, era invisibile in quell'ultimo atto come lo era stato per tutta la vita."
Da questo ricordo nacque, dopo quindici anni dall’accaduto, il documentario Alfredo’s Fire – Il fuoco di Alfredo, presentato durante il Palermo Pride di quell’anno.
I 40 minuti di film documentano il tormento interiore e l’ultimo sacrificio dell’uomo attraverso scritti inediti dello stesso:
"Non puoi immaginare quanto voglio urlare per le strade. Ascoltate gente, sono un frocio e lo sono sempre stato e non me ne vergogno. Vorrei urlarlo a tutto il mondo. […] Voglio tagliare le catene che mi hanno legato a una vita castrante."
Intervengono anche attivisti della comunità LGBTQIA+, descrivendo il senso di emarginazione che poteva attanagliare Ormando, aggravato ancor di più, probabilmente, dal suo essere scrittore e cattolico.
"Essere un giovane scrittore del sud significa essere l'essere più non riconosciuto sulla terra, senza alcuna possibilità di avanzare." – Enzo Scimonelli
Lo stesso regista, che per quindici anni ha lavorato al documentario, interviene dicendo:
“[Il fuoco] era la perfetta allegoria per le esperienze delle persone LGBT. Il fuoco è allo stesso tempo un'auto-annientamento e richiama il Medioevo quando gli omosessuali venivano bruciati sul rogo. È anche un'espressione di passione, di vita stessa, di rabbia. Biblicamente, il fuoco era una comunicazione con Dio. E fu un coming out, un modo per essere visto."
Italia, giugno 2024
“Non è vero che gay è bello. Al contrario, è una morte continua dentro. O accetti di essere gay, o ti uccidi. Opterò per darmi fuoco. Se devo arrostire all’inferno, tanto vale prepararmi” – Alfredo Ormando
Quando Alfredo Ormando si diede fuoco in piazza San Pietro per protestare contro la posizione della Chiesa Cattolica sull’omosessualità, Internet stava ancora prendendo piede e i social non esistevano. Quando il documentario di Andy Abrahams Wilson venne presentato, l’attenzione pubblica era focalizzata sull’insediamento del nuovo Papa Francesco, oltre che su una serie di scandali sessuali appena emersi.

Ogni anno, il 13 gennaio, un gruppo di attivisti per i diritti LGBTQIA+ si riunisce in piazza San Pietro per ricordare il sacrificio di una persona che si sentiva invisibile, ripudiata dalla sua stessa famiglia e, soprattutto, da chi gli chiedeva da tutta la vita di avere “fede”.
Ogni giugno, mese del Pride, dell’orgoglio LGBTQIA+, ricordiamo questa storia e tante altre perché non rimangano storie perdute. Perché la Storia si ripete solo quando viene dimenticata.
Ogni storia ha dentro tante storie, se questa ti è piaciuta particolarmente, questi sono 3 consigli per te:
Guarda il docufilm Alfredo’s Fire
Approfondisci I diritti delle persone Lgbtqia+ oggi
Partecipa anche tu al Pride