Benvenuti su Storie perdute, la newsletter che due volte al mese racconta storie che meritano di essere raccontate. E che molto spesso sono state dimenticate.
Venezia, 1591
“Calaf et ban” fu il primo nome con cui si sentì parlare di caffè a Venezia. A portarne conoscenza fu Prospero Alpini, un vicentino che visitò l’Egitto a fine Cinquecento come medico personale di un patrizio, console al Cairo per la Repubblica di Venezia.
Nel suo De Medicina Egyptiorum, Alpini stampa per la prima volta una rappresentazione della pianta del caffè, anche se in questa mancano le bacche, e scrive le prime considerazioni sul suo uso terapeutico.
Grazie ai suoi rapporti commerciali con svariate parti del mondo, tra cui il Vicino Oriente, Venezia fu tra le prime città a diffondere il caffè anche come bevanda: sembra che già nel 1645 alcune botteghe di questo prodotto vennero aperte in città.
Da lì il passo fu breve: le caffetterie iniziarono ad aprire una dopo l’altra, il caffè divenne la bevanda simbolo degli intellettuali, dei ritrovi sociali, e anche degli innamorati. La città sull’acqua nel 1763 contava più di 200 caffetterie.
Tra quelle, già dal 29 dicembre 1720, c’era Alla Venezia Trionfante, posizionata nella più gloriosa piazza della città: quella di San Marco. Il suo fondatore, Floriano Francesconi, e la sua caffetteria divennero subito popolari tra i veneziani dell’epoca. Questi usavano dire “andémo da Floriàn”, in dialetto veneziano.
Venezia, 29 dicembre 1720
Quando il Caffè Florian aprì i battenti era solo una delle trenta o più caffetterie che si affacciavano su Piazza San Marco. Nonostante questo, non ci mise molto a farsi un nome, anche se diverso da quello che aveva scelto il proprietario per la sua attività.
A convincere i clienti c’era l’orario continuo d’apertura, giorno e notte, ma anche la possibilità per le donne di accedervi: in quegli anni, infatti, questi luoghi venivano vietati al sesso femminile. Floriano Francesconi le faceva entrare in maniera clandestina, come scrisse Angelo Tamiazzo – confidente degli Inquisitori di Stato – nel 1770
“Il caffettiere che ha la bottega nella Torre dell'orologio ha un appartamento superiore, dove sono ricevute le donne. I due caffè nella piazzetta dei Leoni a San Marco hanno delle porte separate dalla bottega e in luoghi superiori si ricevono donne.”
Non a caso lo stesso Tamiazzo lavorava tra i tavolini di quel caffè, come molti in quegli anni. Tra loro vi era anche Gasparo Gozzi, il giornalista che diede vita alla Gazzetta veneta, tra i primi giornali con notizie di cronaca cittadina. Non solo il Caffè Florian era uno dei pochi luoghi in cui si poteva comprare il giornale, ma il direttore ne aveva fatto una sua sede.
A fidelizzare i clienti c’era anche il buon carattere di Floriano Francesconi, il proprietario che - sembra - ispirò il personaggio di Ridolfo, l'operoso padrone della Bottega del caffè di Carlo Goldoni. Le uniche testimonianze sull’uomo vengono probabilmente dalle parole della commedia:
“Fo un mestiere onorato, un mestiere nell'ordine degli artigiani, pulito, decoroso e civile. Un mestiere che, esercitato con buona maniera e con riputazione, si rende grato a tutte gli ordini delle persone. Un mestiere reso necessario al decoro della città, alla salute degli uomini e all'onesto divertimento di chi ha bisogno di respirare.”
Il personaggio di Ridolfo rappresenta nell’opera la borghesia efficiente ed intraprendente dell’epoca, per cui Carlo Goldoni aveva grande stima. Il commediografo è solo una delle tante personalità celebri che frequenterà il Caffè Florian, con lui Lord Byron, Johann Wolfgang von Goethe, Giacomo Casanova, Ugo Foscolo, Honoré de Balzac, Charles Dickens e Oscar Wilde.
La caffetteria diventa un “crocevia di umori e notizie in costante cambiamento, da affari di stato a pettegolezzi locali e chiacchiere frivole sull’ultima moda, il Caffè Florian vanta, fin dagli inizi, una clientela illustre. I nobiluomini veneziani si sedevano accanto ad ambasciatori, mercanti, cacciatori di fortuna, uomini di lettere e artisti, ma anche accanto a semplici cittadini“.
Venezia, 1773
Quando Floriano Francesconi inaugurò il suo locale, Alla Venezia Trionfante contava di sole due sale, arredate semplicemente. Dopo trent’anni dalla sua apertura il proprietario decise di aggiungere altre due stanze, dato il successo che aveva ricevuto. Le originali, l’ingresso e la Sala Cinese, raddoppiarono con la Sala Orientale e la Sala del Senato, che all’epoca non portavano ancora questi nomi.
Nel 1773, alla scomparsa del fondatore, l’attività passò in mano a suo nipote Valentino Francesconi, che da lì a poco avrebbe visto la fine della Repubblica di Venezia e l’occupazione di francesi e austriaci. In città i veneziani lo avevano soprannominato il “famosissimo sior Valentin”.
Sotto la sua gestione la caffetteria cambia nome, perde il titolo di "Alla Venezia Trionfante", per diventare il più famoso e ormai universalmente noto Caffè Florian.
Venezia, 1814
A inizio Ottocento la successione passa prima alla moglie di Valentino Francesconi, Chiaretta, e poi al figlio Antonio. I tavolini del Caffè Florian non smettono di essere quartieri generali di personalità importanti: a riunirsi qui sono patrioti come Niccolò Tommaseo, Pietro Buratti, Silvio Pellico e Daniele Manin. Proprio quest’ultimo, il 22 marzo 1848 proclamò da quegli stessi tavoli la repubblica, dopo l’insurrezione di Venezia contro gli austriaci. Durante la rivoluzione, la caffetteria diventò anche un ospedale temporaneo che aiutava i feriti.
Negli stessi anni vengono introdotte, proprio per l’influenza austriaca, le orchestre da caffè, che rimpiazzano definitivamente le albate, versioni mattutine delle serenate che venivano cantate nei locali.
Venezia, 1858
La proprietà del Florian, dopo Antonio Francesconi, passò a più proprietari che affidarono a Ludovico Cadorin, architetto veneziano, il restauro del locale: a 140 anni dalla sua nascita, non era mai stato rinnovato.
Il progetto è radicale, gli stili delle stanze vengono stravolti, si richiedono professionisti di pittura e artigiani. La Sala Orientale in stile pompadour viene decorata con pitture esotiche di donne svestite.
Nella Sala del Senato vengono inseriti simboli massonici e allusioni ai rapporti dei veneziani con società segrete e con l’Illuminismo.
Tra il 1872 e il 1891 poi, il Caffè Florian si arricchisce di due nuove grandi sale, la Sala delle Stagioni e la Sala degli Uomini Illustri.
Quest’ultima custodisce un ciclo pittorico di ritratti di famosi veneziani come Marco Polo, Tiziano, Andrea Palladio, Paolo Sarpi, Carlo Goldoni e molti altri.
A fine secolo il Caffè Florian, precisamente la Sala del Senato, diventa anche il luogo in cui il sindaco poeta Riccardo Selvatico e i suoi amici, danno vita alla prima Biennale d'Arte di Venezia. Ancora oggi, per ognuno di questi eventi, il locale chiede a un artista di reinventare una sala in chiave contemporanea.
Venezia, 1920
A duecento anni dalla fondazione del Caffè Florian nasce anche la Sala Liberty, stile in gran voga negli anni Venti del Novecento. In questo momento storico tra le due grandi guerre, la caffetteria continua a ricevere persone di varie estrazioni sociali: non è insolito che le più famose siano anche le più eccentriche.
Una nota frequentatrice sarà la marchesa Luisa Casati Stampa, proprietaria dal 1910 di ca’ Venier dei Leoni (oggi sede del museo Peggy Guggenheim) e amante di Gabriele d’Annunzio, altro cliente del Florian. La nobildonna era celebre per aver affittato il Caffè per un’intera notte, facendo servire ai suoi 300 invitati solo champagne.
Ma non è tutto qui: una sera arrivò coperta soltanto da una pelliccia, che si tolse al momento della sua entrata nel locale. Sembra che addirittura i gondolieri del molo vicino fossero corsi in massa per vederla, al richiamo “Ghe xe la marchesa nua!” (“C’è la marchesa nuda!”).
Altre volte pare venisse accompagnata ai tavoli del Caffè Florian da un ghepardo, e da un servitore obbligato a reggere una torcia che la illuminava, così che tutti potessero ammirarla.
Venezia, 2024
Il Caffè Florian, posto in piazza San Marco 57, è oggi uno dei Caffè più antichi d’Italia e d’Europa. A 304 anni dall’apertura è il più antico nella storia europea ad aver mantenuto le sue caratteristiche. Nemmeno il Café Le Procope, il primo di Parigi aperto nel 1686 dal siciliano Francesco Procopio dei Coltelli, può vantare questo primato: il locale francese è stato infatti trasformato nel tempo in un ristorante e radicalmente restaurato.
L’arredo del Caffè Florian invece, non è certo quello originale settecentesco, ma risale comunque all’ultimo restauro di Ludovico Cadorin del 1858.
La gestione odierna del Caffè Florian è della società di Marco Paolini, manager della moda, Andrea Formilli Fendi, erede della famiglia di imprenditori della moda, e Massimo Cremona, economista. Dal 1934 agli anni Dieci del Duemila, il locale era stato proprietà della famiglia Vedaldi.
Nonostante la storia di questo luogo sia ricordata solo da pochi, il locale è rimasto un punto fermo nella Storia di Venezia e di chi l’ha frequentata. Dalla sua apertura ha proseguito ininterrottamente la sua attività quotidiana di caffè, divenendo meta di veneziani, italiani e stranieri vissuti in almeno tre secoli diversi. Oggi resta, come ieri, un luogo d’incontro di svariati mondi. Una storia perduta sotto i nostri occhi.
Questa storia è dedicata ad Alessandro, per avermi fatto amare da sempre Venezia, la città dalle mille storie perdute.
Ogni storia ha dentro tante storie, se questa ti è piaciuta particolarmente, questi sono 3 consigli per te:
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